Medioevo
Questo periodo è caratterizzato dal canto gregoriano,
dall’invenzione delle note musicali , dalla lauda e dalla nascita
della polifonia (canto a più voci). Le melodie gregoriane venivano
fissate con la notazione neumatica, derivata dagli accenti
grammaticali acuto, grave e circonflesso: era una specie di
‘stenografia’ musicale, cioè un sistema di scrittura veloce.
Questi neumi venivano posti sopra le parole del testo da cantare:
l’accento acuto indicava che la voce doveva salire, l’accento
grave che la voce doveva scendere, l’accento circonflesso, infine,
segnalava contemporaneamente un rapido innalzamento e abbassamento
della voce. Ma questa notazione non indicava con preciosione né
l’altezza, né la durata dei suoni.
Fu
Guido d’Arezzo (997-1050), monaco benedettino, ad avere il grande
merito di perfezionare la notazione; inventò un rigo musicale
formato da quattro linee e tre spazi, chiamato tetragramma, e
fissò l’intonazione dei suoni, assegnando a ogni nota un nome
derivato dalle prime sillabe di un inno a S. Giovanni: Ut - Re -
Mi - Fa - Sol - La. Il Si venne aggiunto in seguito e la nota Ut
in molti Paesi prese il nome di Do. Fissare con esattezza diversi
suoni era inoltre un’esigenza della polifonia, che già tra il IX e
il X secolo aveva fatto la sua apparizione sulla scena musicale
con l’Organum a due voci, in cui una voce teneva la nota lunga,
mentre la seconda si muoveva con intervalli non superiori alla
quinta.
Guido d'Arezzo fu l'artefice del
nome latino delle note, tratto dalle prime sillabe dell'Inno a San
Giovanni:
Ut
queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum,
Sancte
Joannes
"Perché i devoti possano cantare
con lena le tue mirabili gesta, togli la colpa che contamina il
labbro, San Giovanni".
Solo più tardi, però, si aggiunse il settimo suono (il Si).
Altre
forme di polifonia furono:
il
discantus, nel quale le voci procedevano per moto contrario, se
una saliva, l’altra scendeva;
il
falso bordone, nel quale una voce veniva accompagnata ad altre due
che procedevano parallelamente.
Nel
panorama musicale, la lauda medievale merita una particolare
considerazione. Nata in Umbria nell’ambito della spiritualità
francescana, la lauda è un canto monodico in lingua volgare
destinato a essere intonato durante le processioni religiose; sia
la parte musicale sia il testo erano molto semplici.
Tra gli
autori più noti. si ricordano S. Francesco, che scrisse il Cantico
delle creature, e Jacopone da Todi. I diversi componimenti erano
generalmente raccolti in volumi, chiamati laudari; famosissimo è
il Laudario di Cortona.
Verso
il 1300 la musica si allontanò dai modi gregoriani: si
svilupparono nuove forme di carattere profano, cioè non sacro,
nelle quali si fece strada il concetto di armonia, una voce
principale con accompagnamento, cioè gli accordi.
Queste
forme sono: Madrigale, Caccia, Ballata e così via.
Umanesimo e
Rinascimento
Questo
periodo è caratterizzato dallo sviluppo della polifonia fiamminga.
Nelle fiandre, nel 1400, soprattutto a opera di Dufay e Ockeghem,
l’arte del contrappunto (dal latino punctus contra puntum: nota
contro nota) raggiunge livelli altissimi.
Frequenti si fecero in Italia dei maestri fiamminghi, che
stabilirono uno scambio proficuo con la nostra musica.
Alcuni
di essi fondarono scuole musicali in Italia; tra le più importanti
ricordiamo la Scuola romana fondata da Clemente Jannequin
(1464-1555), e veneziana, fondata da Adriano Willaert (1490-1562).
Quest’ultimo, maestro di cappella nella basilica di S. Marco a
Venezia introdusse per primo nelle sue composizioni i cori
battenti (vale a dire due cori, ognuno a quattro voci),
ispirandosi al fatto che in S. Marco ci sono due cantorie e due
organi che si fronteggiano: ottenne così un risultato sonoro
grandioso, come era nello stile dei fiamminghi.
La
Riforma protestante comportò profonde modifiche nella liturgia
della Messa, in cui vennero introdotte, al posto della
tradizionale musica sacra, melodie popolari tedesche che,
rielaborate, furono poi definite Corali.
Proprio
in relazione a questi cambiamenti in ambito protestante, anche la
Chiesa cattolica dedicò particolare attenzione alla musica sacra e
stabilitì che:
«era proibito comporre Messe su temi profani, le parole dei canti
(in latino) dovevano essere chiaramente comprese, l’unico
strumento musicale ammesso in chiesa era l’organo».
Il musicista che viene considerato il simbolo della Controriforma
fu Giovanni Pierluigi da Palestrina, proveniente dalla scuola
romana.
Altri
musicisti di questo periodo sono: Orlando di Lasso, Tomaso
Ludovico da Victoria, Andrea e Giovanni Gabrieli, Cipriano de Rore,
Gioseffo Zarlino, Jacopo Peri e così via.
Il tardo
Rinascimento
Tra il
XVII ed il XVIII secolo l'Italia fu il centro dello sviluppo
musicale, nonostante l'emergere, nel primo Rinascimento, di autori
come Dunstable e Josquin Desprès: in particolare fu Desprès a fare
da legame tra il primo ed il tardo Rinascimento, ed il suo
contributo fu fruttuoso sopratutto nel tardo Rinascimento, con i
maestri Giovanni Pierluigi da Palestrina, di Lasso, da Victoria e
William Byrd.
Forme
e strumenti del rinascimento
La polifonia diede luogo alla
messa polifonica, forma musicale di ampio respiro. I
compositori svilupparono la messa musicando i brani dell'Ordinarium,
portando così ad una forma a sezioni collegate da un tema: fino a
circa il 1550 si continuò a scrivere messe intorno ad un canto
fermo, non necessariamente di tipo gregoriano.
Il madrigale, canto a più voci con un solo esecutore per
ogni parte, fu la più importante forma profana dell'epoca: nacque
da una forma italiana (la "frottola") grazie all'influenza di
autori nordici, ed ebbe come peculiarità la coincidenza tra parole
e musica. Esportato, raggiunse splendore in Inghilterra: gli
ultimi madrigalisti italiani furono Carlo Gesualdo e Claudio
Monteverdi, che effettuarono anche interessanti esperimenti con il
cromatismo, allontanandosi così dal sistema modale del tempo. La
musica vocale continuò ad avere predominio su quella strumentale
fino al XVI secolo, pur modificando l'approccio alla costruzione
degli strumenti: grazie infatti alla definizione dei registri
vocali vennero sviluppate famiglie di strumenti che si
accordassero a quelle particolari estensioni. Importantissima fu
la comparsa di strumenti come il clavicembalo, il virginale ed il
clavicordo, costruiti sul principio del salterio (corde tese su
una cassa di risonanza), uniti a tastiere con meccaniche in grado
di azionare i plettri o i martelletti sulle corde.
Riforma e
controriforma
Nel XVI secolo avvenne lo scisma
tra Cattolicesimo e Protestantesimo, che staccò le Chiese
Protestanti del Nord Europa dalla Chiesa Romana: questo evento
ebbe profonde ripercussioni sulla musica. In Germania si ebbe lo
sviluppo di una grande tradizione di Corali, caratteristica del
protestantesimo, che avrebbe avuto grande influenza nello sviluppo
musicale di Bach, mentre la Chiesa Romana, nell'Europa del Sud,
rispose a questo "colpo" avviando la Controriforma: nel Concilio
di Trento del 1545 (terminato nel 1563) si decretò che venisse
esclusa dalla Chiesa la musica in cui trovasse parte qualcosa di
empio o lascivo, avanzando perfino la richiesta di abbandonare le
armonizzazioni. Fortunatamente un gruppo di compositori, guidato
da Palestrina, evitò questo rischio dimostrando che l'armonia non
era incompatibile con la comprensione del testo, né con il diktat
cattolico.
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