Concorso letterario
Ricordi di Macedonia
Ultimo Duello

Concorso letterario

Il 21 Gennaio 2006, nella biblioteca comunale di Cecina, si sono svolte le premiazioni della sesta edizione del Concorso di poesia e prosa FENALC, promosso dall’ associazione AUSER, per il premio “Florio Castellani”.

La referente di questa iniziativa è stata, nella nostra scuola, la professoressa Corradina Signorini.

Molti alunni della nostra classe vi hanno partecipato con poesie e/o testi, ma due alunni in particolare, sono riusciti a “salire sul podio”, classificandosi secondi e terzi per il settore giovanile.

Per la prosa è arrivato secondo, il nostro compagno Mattia Mura, con uno dei suoi caratteristici testi stile “Fantasy” dal titolo “ Ultimo duello”. In questo racconto intenso e avvincente, che pubblichiamo in anteprima sul nostro giornalino in questa pagina, ci propone un insolita lotta fra il bene e il male.

La nostra compagna Amet Vezira è arrivata terza con una poesia, che con immagini sintetiche e ricche di significato ci racconta le sue emozioni in un viaggio verso la sua terra d’ origine, la Macedonia.

Bravi ragazzi! Oltre alla “ gloria” del momento i vincitori hanno ricevuto in premio libri e omaggi.

(Pillitteri Marta)

Ricordi di Macedonia

 

Profumi di pianura, di montagna

Porto con me alla fine di questo viaggio

Viaggio così chiaro che pare il sole

Lungo le strade di Scutorizari.

(Vezira Amet)

Ultimo Duello

Il cavaliere guardò l’ingresso dell’antro, con soddisfazione, traendo un respiro liberatorio.

Là davanti si trovava la sua ultima fatica, stava per compiere il duello finale, prima della sua libertà.

Milleuno duelli, stava scritto, e finalmente mille se ne era lasciati alle spalle.

Ne rimaneva soltanto uno.

Ricordò il suo errore fatale, la curiosità che lo aveva spinto ad inoltrarsi in quella strana caverna, ove attorno vi era un ampia radura.

Era con un esercito, all’epoca, il suo bruno cavallo aveva un colore più forte e lucido, e le sue vesti erano molto meno rovinate, il simbolo ricamato sul petto.

Era un crociato, a quel tempo, e muoveva per liberare Gerusalemme.

Che folle era stato! Allontanarsi dal suo esercito per simili idiozie, e come ne aveva pagato lo scotto!

Appena entrato, la spada sguainata e il grande scudo con la croce per protezione, il buio si era impadronito della caverna, l’uscita bloccata in maniera irreversibile.

Una torcia si era poi accesa, per illuminare una parete rocciosa su cui si trovava una scritta intagliata e riempita da liquido rossastro:

Milleuno duelli, milleuno esseri

spireranno per salvarne uno.

La vittoria di ieri

non conta per nessuno.

È un gioco in cui perde chi muore

e non si può sbagliare.

Scoccheranno per tutti le ore

che alla morte devono portare.

La salvezza si trova solo nel continuare ad avanzare.

In principio, il cavaliere non aveva compreso quei versi, ma aveva preso la via che si era di colpo aperta e i guai erano cominciati.

Si trovò in uno spazio circolare, una caverna naturale perfetta in modo inquietante, ove un’orrida creatura verdastra, gobba e simile ad un omuncolo lo attaccò, irosa.

Il cavaliere seppe difendersi bene e in poco tempo l’essere era stato eliminato.

Un altro corridoio roccioso si aprì e il crociato si ritrovò in una caverna in tutto e per tutto simile alla prima che aveva visto, con la stessa scritta su una parete illuminata e del cibo per lui e per il cavallo.

Tre anni erano passati, più o meno, e il crociato aveva compiuto mille battaglie, lo scudo su cui non si vedeva più la croce rovinato dai colpi, e gli abiti lacerati dal tempo, una leggera cotta di maglia per proteggerlo.

Avendo avuto il tempo di riflettere, il cavaliere aveva scoperto che continuava ad avanzare per un lungo corridoio pieno di sale scolpite nella caverna e che non c’era via d’uscita, se non continuare a “giocare” come recitava la scritta.

Ormai sapeva quei versi a memoria, e li ripeteva continuamente, farneticando.

Aveva una barba curata, come i capelli: unica pulizia permessagli, anch’essa faticosamente ottenuta tramite la propria spada.

Aveva una carnagione abbastanza pallida, ancor di più negli ultimi anni, deperito dal buio e dalla fame, dato che il cibo che misteriosamente trovava sul suo cammino non era molto e neppure troppo buono.

Sopra i bruni capelli teneva un elmo, capace di proteggergli la nuca e il naso, e non possedeva nient’altro.

Aveva un cavallo, certo, un ottimo esemplare, tre anni fa, adesso si era ridotto sia in forma che in utilità.

Era però l’unica compagnia che il crociato avesse.

Parlava spesso da solo, ma ancor più spesso parlava con il cavallo, visto che era deciso più che mai a non scambiare una parola con i suoi avversari sempre più forti e orribili.

Né quando si trovava in Francia, con la sua nobile famiglia, né da quando era partito verso la Terrasanta aveva mai visto immonde bestie simili, ed era convinto che i suoi avversari provenissero dall’Inferno.

L’ultima creatura che aveva affrontato, aveva due grandi corna e la pelle rivestita di scaglie rosse.

La perfetta descrizione dei diavoli della letteratura.

Adesso si trovava nell’ennesima caverna, aveva mangiato ciò che aveva trovato e aveva atteso che anche il suo cavallo facesse altrettanto.

Rimontò in sella e ancora una volta una torcia si accese, illuminando l’iscrizione sulla parete, prima che questa lasciasse spazio ad un altro corridoio di roccia. Continua a pag. 15

Il crociato entrò, ordinando al cavallo di muovere una lenta marcia, tanto sentiva solenne il momento dell’ultimo duello prima della libertà.

Un verso dell’epigrafe non dichiarava forse che milleuno duelli avrebbero salvato chi ne sarebbe uscito vincitore?

Non c’erano altri duelli, dopo quello che doveva affrontare il cavaliere.

Un forte entusiasmo gli fece aumentare i battiti del cuore, appena vide la sala circolare ove si sarebbe deciso l’epilogo di quell’errore, ormai vecchio di tre anni.

La sala era ben più grande delle altre in cui il crociato aveva combattuto, e appena il cavaliere fu entrato, un circolo di torce si accese, illuminando per intero l’arena, perché di questo si trattava.

Vi erano degli spalti, più in alto, e creature di ogni sorta vi erano sedute, schiamazzando e gridando.

Chi aveva corna, chi ali nere, chi code appuntite, chi orecchie di strane forme, chi lunghi artigli, occhi vuoti o scaglie al posto della pelle: demoni e diavoli si trovavano ovunque attorno al crociato!

Riconobbe alcuni esseri assai simili a quelli che aveva affrontato, appartenenti forse alla stessa stirpe, ma era certo che loro non erano lì per ucciderlo, bensì per assistere allo spettacolo.

Aveva già capito quanto, per i demoni, quel duello non fosse altro che un gioco, un’attività esclusivamente creata per il loro diletto.

Poi non ebbe più tempo per pensare, perché giunse l’avversario.

Dall’altro lato dell’arena vi era lo sbocco a un altro corridoio, e da lì giunse il nemico.

Sopra ad un nero cavallo dotato di grandi ali da pipistrello, le fiamme che uscivano dalle narici dell’essere, un alto individuo coperto totalmente da un armatura si trovava innanzi al crociato.

Era un demone fatto di buio e di ombra, il cui aspetto era totalmente celato dall’armatura nera, solo due punti luminosi si scorgevano sotto di essa, l’elmo con due grandi corna, lo scudo su cui era raffigurata una strana stella, la spada grandissima.

I due si fronteggiarono, e il demone parlò al crociato.

«Pronto a morire, Umano

«Non ho perso tre anni della mia vita per morire in un arena di Angeli Caduti e Anime Corrotte, sarai tu ad essere sconfitto, demonio.» Il cavaliere aveva già mandato all’aria le sue decisioni: era deciso a non parlare con gli avversari, e perché allora non aveva esitato a rispondere alla provocazione dell’avversario?

Un tuono risuonò per tutta l’arena, e il duello incominciò.

Ruotando rapidamente la spada, il demone fece un orribile taglio sul viso del crociato.

«Ed è solo l’inizio!» Dichiarò il demone, con un orrenda voce metallica.

Il demone tentò di tagliare nuovamente la carne del guerriero, ma questo parò il colpo con lo scudo, provando a sua volta ad attaccare e vedendo il colpo parato dal diavolo allo stesso modo.

Un ennesimo attacco del demone parve sbilanciare il crociato, ma questo si difese all’ultimo minuto cozzando con la spada e le due lame gettarono scintille ovunque, causando grida di stupore e di sanguinario divertimento da parte degli infernali spettatori.

Provarono a fare forza per spingere le lame verso l’uno, o l’altro, ma le loro capacità erano identiche; allora il crociato sferrò allo stomaco del demone un colpo di scudo, ammaccandogli l’armatura e causando freddi respiri affannosi provenienti dall’interno dell’armatura.

Prontamente, però una risposta all’attacco giunse dal cavallo del demone.

Il mostruoso equino gettò fiamme dalle sue narici colpendo la gamba del crociato, bruciandone ogni protezione e ustionandone buona parte.

Un gridò di dolore fu emesso dal crociato, e anche il proprio cavallo ne risentì, impennandosi imbizzarrito.

Il cavaliere dovette tentare di sedare la follia che aveva preso il proprio cavallo e difendersi dagli attacchi del demone, troppo anche per qualcuno che aveva vinto mille duelli.

«Sta buono! Sta buono!» Ordinava il crociato, mentre il cavallo si calmava, ma il demone giunse, e con un forte fendente alla testa distrusse l’elmo del cavaliere, ferendolo in vari punti del viso.

Stordito, il crociato si accorse di sanguinare dal naso.

Con la vista annebbiata, scorse vagamente la sagoma del demone che galoppava verso di lui, e poi spiccava il volo; il crociato alzò gli occhi al cielo, vedendo che il diavolo si preparava ad attaccarlo con un potente colpo dall’alto, e si ricordò che non poteva vedere il cielo, ma solo una grande volta nera di roccia.

Prima della fine, il sanguinante cavaliere mostrò a se stesso la croce che teneva appesa al collo, il simbolo dei crociati, di coloro che avevano compiuto con lui il viaggio in Terrasanta.

«Signore, dammi la forza di annientare questo demonio» Disse, con un filo di voce, guardando verso l’alto.

E l’incredibile accadde.

Una grande luce fu attorno a lui, ovunque, a perdita d’occhio, il crociato vedeva solo questo grande chiarore, e si sentiva rinato.

Un voce, tonante, ma amichevole, giunse alle sue orecchie, proveniente dal tutto e dal niente:

Non cercarmi ove non mi trovo, guarda dove è più elementare che io sia, e vedrai che avrai salva la vita.”

Furono le parole udite dal crociato.

Poi la luce scomparve, e si ritrovò nella buia arena, debole e sofferente.

Ma adesso sapeva dove trovare aiuto.

Il demone piombò verso il basso con incredibile forza e rapidità, la spada puntata contro il crociato.

Poi, con immensa forza, il demone attaccò e… la nera spada si piantò al suolo!

«Ma come…?»

Il crociato stava volando, sul suo cavallo non più bruno ma fatto di luce, dalle bellissime ali piumate.

Il demone tornò in aria e il duello si spostò in alto.

«Come hai fatto ad evitare il colpo? Sei un… un Arcangelo!»

«No, ho semplicemente cercato ciò di cui avevo bisogno: la scintilla divina che è in ognuno di noi.»

«A cosa ti riferisci?»Domandò il demone, stupito, mentre attaccava il nemico.

«All’anima.» Fu la risposta del crociato mentre si difendeva e rispondeva all’attacco, tagliando la man metallica del demone, composta dall’armatura, e allontanandolo con un calcio.

Ecco che il malvagio cavallo corrotto del demonio emanò dalle sue narici alte e vili fiamme, pronte a colpire l’avversario.

Ma anche il cavallo lucente del crociato emanò un potere dalle proprie narici: una grande luce, forte e bellissima.

La luce divina e il fuoco infernale si scontrarono, e il fuoco durò poco, al contatto, rapidamente venne esaurito e la luce colpì il cavallo avversario, annientandolo e facendo piombare al suolo cavallo e demone, alzando un gran polverone dall’arena.

Il crociato fece atterrare il cavallo, scese da esso e attese che tutto si fosse calmato.

Dalla nube di polvere uscì poi il demone, l’armatura semi distrutta.

«Non verrò sconfitto! Guardami, crociato, e vedrai chi non avresti mai desiderato vedere!» Il demone si tolse l’armatura in un attimo, ed ecco che il cavaliere si trovò a fronteggiare se stesso!

Al posto della pelle aveva scaglie bluastre, e dalla testa due piccole corna sorgevano, ma per il resto era identico al crociato.

«Io sono la parte più corrotta e aberrante di te stesso, crociato! Nessuno è puro, neppure se riesce a mostrare quella scintilla di divino! E lo scoprirai a tue spese!»

Con la spada, il demone si avventò sull’avversario, che abilmente parò tutti i colpi, finché il crociato non si difese con lo scudo, che a quell’ultimo colpo non resse e si frammentò.

«Dov’è la tua scintilla divina, ora che ti serve, eh?» Domandò iroso il demone, mentre un altro colpo superava le difese del guerriero, graffiandogli il petto.

Il crociato barcollava ai colpi del nemico, incapace di rispondere agli attacchi, ma solo di rispondere alla bell’e meglio.

Infine un colpo alla gamba del crociato fu fatale, e questo cadde in ginocchio davanti al demone.

«Bravo, sottomettiti al volere del diavolo!» Il demone poi colpì con forza il cuore del crociato, ma il colpo non fu accusato dal crociato, e sbalordito il demone indietreggiò.

Il crociato si tocco il petto, accorgendosi che il colpo non aveva avuto alcun effetto, e scoprendo poi cosa lo aveva salvato: la grande croce che aveva al collo lo aveva sottratto alla morte!

Il guerriero si alzò, colto da nuovo vigore.

«La mia anima mi proteggerà sempre, perché si troverà dentro di me sino alla fine!» Gridò il crociato mentre levava la spada che si tramutava in un azzurro fuoco sacro e trapassava il demone, mentre questo gettava spada e scudo, stupefatto.

«Non… non… Non me ne andrò così! Non morirò! Ma mi impossesserò del tuo corpo, della tua anima!»

Il demone piombò di colpo dentro al corpo del crociato, e questo sentì l’essere dentro di sé muoversi freneticamente, zampettando in cerca di qualcosa, in cerca dell’anima da annientare.

«Non mi avrai!» Gridò il crociato, e con la spada, tramutata in azzurro fuoco sacro, si trafisse.

Grida provennero dall’interno del cavaliere, e infine una poltiglia nerastra uscì dalla schiena del crociato, mentre la spada si estraeva volontariamente dal suo corpo e cadeva a terra, distrutta.

Il crociato si alzò, sofferente per il duello combattuto, ma malgrado tutto aveva vinto ed era libero!

Chiamò a se il suo cavallo, tornato ad essere il bruno destriero di sempre, montò in sella e attese che un varco si aprisse.

Finalmente accadde, e questo era pieno della luce del sole.

Quant’era che non vedeva quella luce, quant’era che non poteva osservare il cielo, le stelle, respirare aria di libertà…

Al trotto se ne uscì dalla caverna, mentre il varco si chiudeva alle sue spalle.

Dopo che tutti i diavoli se ne furono andati dall’arena, ecco che da fiamme nere comparve un individuo.

Sembrava totalmente umano, vestiva uno smoking nero e aveva una cravatta rossa, era molto giovane e teneva una ventiquattrore in mano, mentre un insolita luce rossastra proveniva dal suo corpo.

I suoi occhi erano l’unica cosa anomala, vuoti e inquietanti, come un baratro senza fondo.

Si avvicinò alla poltiglia nerastra, con passi muti.

Osservò ciò che un tempo era stato il suo campione, il demone perfetto, capace di possedere chiunque desiderasse.

Lo guardò dall’alto al basso, e poi sorrise, mostrando file di denti affilati.

“Non sei stato abbastanza capace e sei morto. Ho sprecato milleuno dei miei seguaci per possedere l’anima di quel crociato, e tutto è fallito. Tre anni spenti come fiammelle ad un soffio. Ma non è un gran guaio, non morirò mai, e prima della fine del mondo avrò milioni di anime tra le mie schiere!”

Il Signore dei Diavoli fece un altro malvagio sorriso, prima di svanire.

(Mattia Mura)