Cattura e uccisione di Mussolini
L’ultimo atto del fascismo è il tentativo di
fuga prima e la fucilazione poi di Benito Mussolini. All’inizio
dell’insurrezione di Milano il dittatore è ancora in città e, di fronte al
precipitare degli eventi, tenta di concordare col Comitato di liberazione
nazionale una resa onorevole. I dirigenti del Cln-Ai però sono irremovibili nel
pretendere la resa senza condizioni. Mussolini allora decide la fuga, travestito
da soldato tedesco e sotto la scorta delle SS, verso la Svizzera (col progetto
di riparare poi in Spagna, ancora governata dal generale Franco). Giunto nei
pressi della frontiera, però, a causa delle difficoltà di superare il confine,
il gruppo si unisce a un distaccamento tedesco in ritirata. A Dongo il dittatore
viene riconosciuto e catturato da un gruppo di partigiani.
La ricostruzione dettagliata delle ultime ore di
vita del duce dopo la cattura e le circostanze della sua esecuzione sono tutt’oggi
al centro di un fitto dibattito storiografico e ancora non è stata fatta piena
luce su molti dettagli. Secondo la versione ufficiale egli viene subito fucilato
per ordine del Cln-Ai, insieme all’amante Claretta Petacci che lo ha seguito
nella fuga. Il 29 aprile i loro corpi vengono esposti, insieme a quelli di altri
gerarchi, in Piazzale Loreto a Milano, appesi a testa in giù.
Nei giorni seguenti si verificano varie esecuzioni sommarie e si consumano molte
vendette contro "repubblichini" e collaborazionisti, ritenuti autori o complici
delle violenze commesse negli anni dell’occupazione. Si conclude così, con
questo tragico epilogo, un periodo caratterizzato da venti anni di dittatura
fascista, cinque di guerra e soprattutto dagli ultimi due anni in cui gli
italiani sono protagonisti e vittime di quella guerra nella guerra che, nel
giudizio più recente della storiografia (Claudio Pavone), è stata definita una
vera e propria guerra civile.