1125 1150 1345 1406
Primo documento storico che menziona Riparbella Potere ecclesiastico e temporale dell’arcivescovo di Pisa.  Rivolta dei castelli contro Pisa.   Sottomissione alla Repubblica di Firenze.  
1456 1477 1488 Secolo XVI
L’arcivescovo di Pisa lascia il territorio comunale a disposizione della comunità di Riparbella. 

Occupazione da parte delle truppe di Alfonso di Aragona, re di Napoli.  

Primi statuti del Comune.   Inizia il processo di privatizzazione delle terre.  
Fine del XVIsec. XVII secolo 1635 1737
Costruzione a Cecina della Ferriera della Magona.   Malaria e peste.    Infeudazione del paese.   Vendita del feudo al senatore Carlo Ginori di Firenze.  
1755 1787 1817 1836
Abolizione dei feudi in Toscana.   Riforma agraria Leopoldina   Riforma dei sistemi amministrativi   Epidemia di colera  
1838 1846 1866 1882
Visita del granduca
Leopoldo II  
Il terremoto   Costruzione del Municipio Cambio dei confini comunali

   

Il nome forse deriva da Ripa Albella, vale a dire Ripa bianca, dal biancore delle terre tufacee e sabbiose che costituiscono la cima della collina. Nei documenti medievali e fino al ‘600 il nome è infatti “Ripalbella” oppure “Ripabella”.
Il territorio di Riparbella risulta abitato fin da epoca antichissima. Faceva parte dello Stato Etrusco e di quel Popolo seguì le vicende. Sono state scoperte tombe con suppellettili funerarie sia di epoca Etrusca che Romana. È ben certo che il centro più importante fosse Belora.






1125
primo documento storico che menziona Riparbella.

Il primo vero documento che parla di Riparbella, fu redatto in Pisa il 14 Settembre 1125, e fa riferimento a una lite nata tra il pievano di Vallinetro e certi monaci di Riparbella, forse benedettini, che avevano il monastero a metà strada per il paese, in una località ancora oggi chiamata “Poggio ai Frati”.

 

 

 

 

 

1150 circa
Potere ecclesiastico e temporale dell’arcivescovo di Pisa.

Nel corso del primo secolo dopo il mille l’arcivescovo di Pisa riuscì a comprare le terre di Riparbella e di molti castelli intorno, e in questo periodo ottenne su queste terre non solo la giurisdizione ecclesiastica, ma anche quella temporale, compreso il diritto di infliggere pene pecuniarie e corporali, fino alla pena di morte.

 

 

1345
Rivolta dei castelli contro Pisa

Riparbella non partecipò alla rivolta dei castelli dei conti di Montescudaio-Della Gherardesca contro la Repubblica di Pisa.

 

 



1406
Sottomissione alla Repubblica di Firenze.

Sottomissione alla Repubblica di Firenze, sette anni prima che Pisa stessa cadesse sotto il dominio fiorentino.

 

 

1456
L’arcivescovo di Pisa lascia il territorio comunale a disposizione della comunità di Riparbella.

L’arcivescovo di Pisa, ancora formalmente proprietario delle terre, aveva lasciato tutto il territorio comunale a disposizione “degli uomini della comunità di Riparbella” che vi avevano il diritto di pascolo. Inoltre le singole famiglie possedevano degli appezzamenti di terra, di solito vicini al castello. L’uso comunitario delle terre assicurava una relativa stabilità delle condizioni di vita a tutta la popolazione del castello.

 

 

 


 

1477
Occupazione da parte delle truppe di
Alfonso di Aragona, re di Napoli.


Occupazione da parte delle truppe di Alfonso di Aragona, re di Napoli – che nella guerra contro Firenze devastarono i castelli della Val di Cecina, ma già l’anno dopo fu riconquistata dall’esercito di Firenze.

 

 

1488
Primi statuti del Comune.


Il comune si diede i primi statuti che regolavano gli affari interni della comunità. Si stabiliva che l’amministrazione comunale doveva essere diretta da due consoli, estratti a sorte da una borsa, che conteneva i nomi di tutti gli uomini del Comune sopra i vent’anni. I consoli rimanevano in carica per sei mesi. Essi erano affiancati da un Consiglio Comunale composto da ventiquattro uomini, estratti da un’altra borsa che conteneva un nome per ogni famiglia. Le votazioni avvenivano mediante fave nere e bianche (rispettivamente per il no, e per il sì) e questa era la regola per tutto il territorio di Firenze.
 


Un’altra carica importante era quella del camerlengo, una specie di tesoriere o ragioniere del Comune, che amministrava i soldi.

Altre magistrature comunali erano quelle del campaio, una specie di guardia campestre, del cappellano o maestro di scuola e del barbiere, che per un certo tempo faceva anche da chirurgo.

Gli statuti definivano i confini dei pascoli comunali, stabilivano quante bestie ogni famiglia potesse mandare sui pascoli e fissavano il canone annuo da pagare, ecc.

 

Secolo XVI
Inizia il processo di privatizzazione delle terre.

Comincia un processo di privatizzazione delle terre, che portò gradualmente alla diminuzione delle aree comunitative. Il Comune, anche se formalmente non avrebbe potuto, aveva concesso alcuni terreni a “terratico”, cioè dietro pagamento d’affitto, a provati, per il disboscamento e la semina. Si ebbe così una progressiva restrizione dei pascoli a disposizione della comunità.

 


 

 

Fine del XVI sec.
Costruzione a Cecina della Ferriera della Magona.

Venne eretta a Cecina la Ferriera della Magona con il grande forno al quale erano, per decreto, riservati tutti i boschi nei dintorni. Questa riserva investiva anche i boschi del territorio di Riparbella. D’allora in poi fu vietato tagliare la legna, se non per uso combustibile della ferriera; inoltre nei lotti tagliati il pascolo era vietato alle vacche per cinque anni e alle capre per dieci per favorire la crescita degli alberi.

 

 

XVII secolo
Malaria e peste.

Le condizioni andavano via deteriorandosi, soprattutto a causa della diffusione della malaria e dello scoppio della grande epidemia di peste del 1630.

 





1635
Infeudazione del paese.

In quell’anno i Medici consegnarono la comunità in feudo ad Andrea Carlotti di Verona, “cameriere” di Sua Altezza Reale e “coppiere” della granduchessa, che veniva insignito del titolo di marchese di Riparbella. L’infeudazione comprometteva gravemente la vita comunitaria, anche se gli statuti restavano in vigore, solo che il Consiglio Comunale era ora presieduto da un podestà del marchese. L’amministrazione si rivelò estremamente negativa e portò il paese in uno stato deplorevole. Alla fine de Marchesato del Carlotti, nel 1736, Riparbella contava solo 258 abitanti.



 

1737
Vendita del feudo al senatore
Carlo Ginori di Firenze.


I Carlotti vendettero il feudo al senatore Carlo Ginori di Firenze, che poi lo unì alla sua tenuta di Cecina. Le richieste che il Comune presentò al nuovo padrone sono assai indicative per la situazione del paese: condurre in piazza una fonte buona di acqua potabile; dare agevolazioni a chi volesse immigrare a Riparbella; cedere i restanti pascoli a titolo di affitto perpetuo ai contadini; riformare il sistema delle tasse.



1755
Abolizione dei feudi in Toscana.

In seguito all’abolizione dei feudi in Toscana, Riparbella tornò alle dirette dipendenze del granduca e venne assegnata alla podesteria di Chianni. Durante tutto il XVIII secolo, le famiglie benestanti erano riuscite a concentrare nelle loro mani un numero sempre crescente di proprietà terriere. In primo piano erano i Mastiani e i Baldasserini, che avevano usurpato una notevole parte dei territori granducali.

 

 


 

 

1787
Riforma agraria leopoldina.

La riforma agraria leopoldina prevedeva l’allivellazione dei terreni granducali e degli enti religiosi, per arrivare a una distribuzione capillare delle terre.

Niccolò Giusteschi comprò in blocco tutte le possessioni granducali nel territorio per poi rivenderle per proprio conto ai notabili del paese. In conseguenza di questo fatto poco o niente arrivò nelle mani dei contadini o dei mezzadri.

 


 




1817
Riforma dei sistemi amministrativi.

Si riformarono i sistemi amministrativi e a capo del Comune venne posto un gonfaloniere, nominato dal granduca, affiancato da due priori e sei consiglieri. Dopo due secoli di dominio feudale, la comunità registrò una ripresa, si costruirono nuove case.



1836
Epidemia di colera.

A Riparbella si verificò un’epidemia di colera, malattia provocata dal consumo di acqua infetta, che causò molte vittime e si ripetè anche nel 1855.

 



1838
Visita del granduca Leopoldo II.

Il paese ricevette una visita del granduca Leopoldo II che suggerì la costruzione di una nuova chiesa, capace di contenere tutta a popolazione, e mise a disposizione anche i finanziamenti. I lavori vennero iniziati nel 18 41 e terminati nel 1845. Si tratta dell’attuale chiesa parrocchiale di San Giovanni Apostolo ed Evangelista, che venne costruita al posto della vecchia chiesa.

 

1846
Il terremoto.

Un terribile terremoto si abbatté su tutta la zona costiera e la chiesa parrocchiale, terminata l’anno precedente fu gravemente danneggiata. Anche gli altri oratori erano lesionati e l’unico altare agibile fu collocato sotto la loggia dell’oratorio della Madonna. Le 137 case del paese erano tutte danneggiate, i morti erano quattro, quattro anche i feriti gravi.

 



 

1882
Cambio dei confini comunali.

Il territorio di Collemezzano e della Cinquantina venne scorporato dal Comune di Riparbella e annesso a Cecina.