Le popolazioni indigene americane erano piuttosto scarse e si assottigliarono
sempre di più, dal momento che la presenza di conquistatori europei, apportatori
di malattie banali (raffreddori, influenze, ecc.), provocò la scomparsa di
migliaia di persone, non abituate a queste affezioni,per loro letali.
Un altro motivo della loro scomparsa fu quello relativo alla schiavitù che comportò, stante il modo crudele con cui venne imposta, anche molti morti tra le popolazioni indigene.
Inoltre, gli indigeni, erano considerati inadatti al lavoro. I neri dell’ Africa, invece, erano molto più robusti e resistenti alla fatica.
Gli schiavi sbarcati oltre oceano tra il 1501 e 1888 furono circa 9.475.000.
A iniziare la tratta, cioè la deportazione di centinaia di migliaia di neri verso l’America, furono i portoghesi nel sec. XV.
Poco dopo che le tre caravelle di Cristoforo Colombo sbarcarono nel nuovo mondo (12 ottobre 1492), Lisbona diventò un gigantesco mercato di schiavi.
Poi il commercio degli schiavi si sposto alla volta di Haiti, Cuba, Brasile, Santo Domingo.
Gli schiavi, pigiati uno sull’altro, venivano incatenati con lunghi catenacci nelle stive delle “navi negriere”.
Nella seconda metà del XVIII sec. L’Europa “cristiana” incominciò a rendersi conto della disumanità di questo traffico. Nel complesso la maggior potenza schiavistica fu il Portogallo.
Gli ultimi paesi a spezzare le catene degli schiavi furono il Brasile e Cuba,
nel 1888.