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l'espressione musica sacra sono usualmente, ma impropriamente,
comprese sia le forme musicali di soggetto spirituale (in
opposizione a musica profana), sia le forme specifiche destinate
ai vari culti religiosi: nella prima categoria figurano tutte le
composizioni basate su testi spirituali, originali o manipolati,
quali la lauda, la sacra
rappresentazione,
l'oratorio, la cantata sacra e tutti i generi analoghi; la
seconda comprende più propriamente i generi destinati
all'esecuzione durante le cerimonie liturgiche come la
messa (nelle sue parti
di proprio e ordinario), i
mottetti, i salmi
ecc., il corale
protestante, le manifestazioni liturgiche luterane (cantate,
passioni ecc.), l'anthem e il service anglicani. Nella civiltà
occidentale, la musica sacra diede origine, nel Medioevo, alla
teoria modale (a sua volta poggiata sul sistema musicale greco),
che è alla base di tutta la serie di sviluppi che condussero alla
polifonia, alla tonalità,
all'armonia modernamente intesa: da un canto meramente
monodico (il gregoriano) si
passò, infatti, a forme sempre più elaborate di canto a più voci
(scuola di Notre-Dame, scuola fiamminga, polifonia
cinquecentesca), anche con accompagnamento di strumenti (basti
citare Andrea e Giovanni Gabrieli e Claudio Monteverdi), per
giungere, dopo l'esperienza settecentesca, ai grandi capolavori
romantici e postromantici in cui il testo sacro fu trattato in
imponenti affreschi sinfonico-vocali (basti ricordare la messa, o
il Requiem, affrontati da numerosi musicisti, da Franz Joseph
Haydn a Wolfgang Amadeus Mozart,
a Ludwig van Beethoven, da
Hector Berlioz a Franz Liszt, a
Giuseppe Verdi ). Nel campo specifico della musica a uso della
Chiesa si assistette a una progressiva contaminazione tra musica
sacra in senso rigoroso e composizioni in origine scritte a scopo
non liturgico; questo perché, segnatamente nella Chiesa cattolica,
dopo il Rinascimento non si riuscì più a individuare un valido
veicolo di comunicazione con i fedeli (come avvenne invece presso
i protestanti, con il corale): donde la continua oscillazione tra
l'imposizione rigorosa di strutture linguistiche desuete e
refrattarie a qualsiasi tipo di rinnovamento e di evoluzione (il
canto gregoriano, la polifonia 'in stile antico' o 'alla
Palestrina') e
l'accoglimento di modi e forme di chiara impronta profana (con
particolare riferimento al melodramma). La crisi si aggravò in
seguito, con l'abolizione del latino come lingua liturgica, decisa
dal Concilio Vaticano II (1965): la sostanziale messa fuori gioco
del repertorio tradizionale pose in tutta la sua urgenza la
necessità dell'elaborazione di un nuovo stile musicale liturgico e
sollecitò una radicale revisione dello stesso concetto di musica
sacra.
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